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Sole, estate e... protezione solare: un viaggio nelle abitudini degli italiani

Ogni anno, con l’arrivo dell’estate, si riaccende la conversazione attorno alla protezione solare. Ma quanto di quello che sappiamo si traduce davvero in comportamenti concreti? Usiamo la crema solo in spiaggia o anche in città? Scegliamo con attenzione il tipo di prodotto o afferriamo il primo che capita sullo scaffale?

A luglio abbiamo posto queste (e molte altre) domande agli italiani, scoprendo che dietro l’apparente uniformità di messaggi sulla fotoprotezione si nasconde un mosaico di abitudini, convinzioni ed esitazioni. C’è chi ha fatto della SPF un gesto quotidiano, e chi invece continua a considerarla un’opzione “da vacanza”. Alcuni cercano attivamente la tintarella, altri la evitano del tutto. E se il prezzo conta, anche la texture e la praticità hanno il loro peso.

In questo numero della newsletter esploriamo il rapporto — ancora contraddittorio, ma in evoluzione — tra italiani e crema solare. Perché sapere quando e perché la usiamo (o non la usiamo) dice molto non solo della nostra attenzione alla salute, ma anche di come viviamo il tempo all’aperto, il corpo, e l’estate stessa.

Quando si utilizza la crema solare?

L’uso quotidiano della protezione solare durante tutto l’anno riguarda solo una minoranza: il 18% degli italiani la applica ogni giorno, indipendentemente dalla stagione. Questa percentuale sale al 24% tra le donne e raggiunge il 25% tra i più giovani (18-34 anni).

Il 20% la usa tutto l’anno, ma solo quando prevede un'esposizione prolungata al sole. Un altro 17% la applica solo nei mesi caldi, ma quotidianamente. La fetta più ampia, il 45%, si protegge solo nei mesi estivi e solo in caso di lunga permanenza all’aperto o sotto il sole. Questo comportamento è particolarmente diffuso tra gli uomini, che in questa categoria raggiungono il 55%.

Il 6% della popolazione non utilizza mai la crema solare. I motivi più citati sono la scarsa esposizione al sole, la dimenticanza, il costo dei prodotti e la sensazione sgradevole sulla pelle.

Chi invece utilizza la protezione solare lo fa principalmente per proteggere la pelle dai danni del sole (50%), per evitare scottature (37%) o per ridurre il rischio di tumori cutanei (35%). Quest’ultima motivazione è particolarmente rilevante tra le donne (44%). Sempre le donne, al 35%, dichiarano di utilizzarla per prevenire l’invecchiamento cutaneo (contro il 29% della popolazione totale) e al 13% perché ormai fa parte della loro routine quotidiana.

Tipi di protezione solare e abitudini d’uso

La metà di chi usa la crema solare sceglie prodotti differenti per viso e corpo. Questa tendenza è ancora più marcata tra le donne (67%) e tra i giovani adulti (56%). Al contrario, il 60% degli uomini utilizza lo stesso prodotto per entrambe le aree, e il 7% dichiara di non applicarla mai sul viso.

Rispetto al 2024, l’uso di protezione solare è aumentato per il 26% della popolazione, mentre è diminuito per il 14%. Il 61% ha mantenuto le stesse abitudini. L’incremento più significativo si osserva tra i 18-34enni (33%) e le donne (29%). Il calo, invece, riguarda soprattutto gli uomini (19%) e i 35-44enni (21%).

In termini di formato, la crema resta la forma più usata: è il formato preferito dal 56% e utilizzato dal 77% in generale. Lo spray segue al 24% come formato più frequentemente impiegato. Gli altri formati, come stick, gel o ciprie, restano ancora marginali.

Abbronzatura e livello di protezione

Il 41% degli utenti di protezione solare dichiara di affidarsi esclusivamente a questa per abbronzarsi. Tuttavia, chi cerca un’abbronzatura più intensa o duratura tende ad affiancare altri prodotti: il 28% usa doposole con effetto prolungante, il 14% integratori (come il betacarotene), e l’11% utilizza autabbronzanti. Quest’ultimo dato sale al 15% nel Sud e nelle Isole e al 17% nella fascia 35-44 anni. Gli acceleratori di abbronzatura sono preferiti dai più giovani (18-34 anni) al 17%, rispetto all’11% della popolazione generale.

Non tutti, però, desiderano l’abbronzatura: il 10% degli utenti di solari afferma di evitarla del tutto, con un picco del 14% tra i 55-65enni.

Quanto al livello di protezione scelto, il 57% opta per una protezione alta (SPF 50 o superiore), il 28% per una media (SPF 20-30) e il 12% per una protezione bassa (SPF 10 o inferiore). Al Sud e nelle Isole la preferenza per protezioni alte tocca il 65%.

Infine, resta ancora un po’ di confusione sulla differenza tra raggi UVA e UVB: il 14% degli utenti non la conosce, percentuale che sale al 20% tra gli over 55. Il 53% dichiara di averne sentito parlare ma senza averne piena consapevolezza.

Dove si acquista la protezione solare

Il supermercato è il canale di acquisto principale per il 50% della popolazione, con una percentuale che sale al 61% tra gli uomini e al 58% nel Nord-Ovest.

Segue la parafarmacia (46%), che rappresenta il canale preferito per le donne (50%) e per chi vive nel Sud e nelle Isole (54%). Per il pubblico femminile sono importanti anche i negozi specializzati in cura della persona (45%), come Tigotà o Acqua & Sapone, terzo per la popolazione nazionale (38%). I giovani (18-34 anni) mostrano invece una certa predilezione per i punti vendita di cosmesi come Sephora o Douglas (22%).

Cosa guida la scelta del prodotto

Il prezzo è il principale driver d’acquisto (54%), seguito dal formato (50%), dal livello di protezione SPF (35%), dalla resistenza ad acqua e sudore (34%) e dalla consistenza e assorbimento del prodotto (26%).

Tra le donne, il formato sale al 59% come fattore decisivo e la protezione SPF al 43%. Per gli over 55, assumono maggiore importanza anche la conoscenza del brand (35%) e la presenza di promozioni sul punto vendita (15%).

Brand Awareness e Brand funnel

Abbiamo misurato inoltre la brand awareness, Top of Mind, Spontanea e Globale dei brand più diffusi di protezione solare...

Su richiesta sono disponibili tutte le informazioni, includendo anche il brand funnel (awareness, purchase, loyalty) dei brand di protezione solare analizzati.


Kefir: il fermentato che conquista il frigo (e la fiducia) degli italiani

Nel consueto appuntamento mensile dedicato ai consumi alimentari, a giugno ci siamo concentrati sul kefir: un prodotto fermentato dalle origini antiche, che oggi si ritaglia uno spazio crescente nei frigoriferi degli italiani. La nostra ricerca mostra come il kefir sia sempre più apprezzato non solo per le sue proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità, la sua reputazione salutistica e, non da ultimo, per il suo potenziale “cool”.

L’acquisto di Kefir: un prodotto di tendenza tra i giovani e i salutisti

Il 39% degli italiani ha acquistato kefir negli ultimi sei mesi, un dato già significativo che sale al 46% tra i 25-34enni. Questo ci racconta un prodotto ancora “di nicchia”, ma con un potenziale mainstream, soprattutto se pensiamo al ruolo trainante che questa fascia d’età gioca in molti fenomeni di consumo contemporanei.

Non è un caso, infatti, che i principali acquirenti siano persone attente alla cura del corpo e alla forma fisica, appassionati di novità e sperimentatori, o aderenti a stili alimentari flessibili come il flexitarianesimo.

Tra i formati preferiti troviamo il kefir da bere (72%), seguito da quello cremoso (47%). Curiosamente, tra i 25-34 anni cresce anche l’interesse per formati meno comuni come quello spalmabile (25%) e vegetale (25%), che registra uno stacco significativo rispetto al totale popolazione. Questo suggerisce una richiesta crescente di varietà e innovazione, oltre a una sensibilità verso prodotti plant-based che non può essere ignorata.

Kefir come l’alternativa smart ai latticini tradizionali

Per metà degli utenti, il kefir è una vera e propria alternativa allo yogurt, infatti il 50% lo considera un sostituto di quest'ultimo. Per il 21% rimpiazza il latte fermentato (Actimel, Yakult...), mentre il 19% lo usa in sostituzione del latte vaccino. Ma c’è anche un 24% che lo integra semplicemente nella propria dieta, senza sostituire altri prodotti: segno che il kefir si sta ritagliando un’identità autonoma, e uno spazio di tutto rispetto nel frigorifero degli italiani.

Nel contesto più ampio dei fermentati, il kefir si inserisce in una famiglia che include lo yogurt (80% di consumo tra i fan del kefir), ma anche prodotti più “di nicchia” come la kombucha (13%, con un picco al 25% nei 25-34 anni), il kimchi (11%) e il tempeh (9%). È interessante notare come il tempeh perda appeal tra gli over 55 (solo 5%), forse per una minore familiarità con il prodotto, invece diffuso fra coloro che seguono diete a contenuto ridotto di carne e prodotti animali.

Gusto e varietà: il classico vince, ma cresce la voglia di novità

Il gusto classico resta la scelta principale (47%), ma quasi un terzo (29%) predilige varianti aromatizzate, come quelle alla frutta, miele o vaniglia. Il kefir si conferma così un prodotto dalla doppia anima: da un lato funzionale e salutistico, dall’altro capace di incontrare il piacere del gusto e dell’esperienza.

Colpisce la scarsa conoscenza del kefir d’acqua: solo il 5% della popolazione sa di cosa si tratta. L’80% conosce solo la versione a base latte, segno che c’è ancora margine per esplorare e comunicare le molteplici declinazioni di questo alimento. Una sfida e un’opportunità per brand e retailer.

Perché si consuma kefir? Età diverse, motivazioni diverse

Il consumo di kefir varia anche nelle motivazioni. I giovani (18-34 anni) lo scelgono principalmente per seguire una dieta sana o perché consigliato da professionisti della salute, ma contano anche la popolarità e la moda. La ricerca di uno stile di vita “wellness oriented” si intreccia qui con dinamiche di status e social media.

Per i 35-44 anni contano soprattutto le raccomandazioni (medici e influencer), mentre i 45-55enni lo apprezzano per il gusto e perché lo vedono circolare online. Gli over 55, infine, si orientano su ragioni più “razionali”: il supporto al sistema immunitario e la naturalità del prodotto sono le leve decisive.

Questa lettura evidenzia come il kefir riesca a parlare a pubblici diversi, ognuno con i propri codici, priorità e linguaggi. La comunicazione dei brand dovrà quindi adattarsi, differenziandosi per target e canali, per lo stesso prodotto.

Brand e futuri sviluppi: il kefir è qui per restare

Tra i brand più acquistati troviamo Milk (48%), Activia (34%) e Zymil (32%), seguiti da Yomo (28%), Fage (26%) e Granarolo (25%). Anche le private label si fanno notare: il kefir marca LIDL raggiunge un solido 16%.

Un dato chiave: il 98% dei consumatori è disposto a riacquistare il prodotto, e il 64% lo farà sicuramente. Questo livello di fidelizzazione è molto raro in ambito alimentare e testimonia come il kefir sia più di una moda passeggera: una volta provato, difficilmente lo si abbandona.

E i consumatori sono pronti a sperimentare ancora: il 47% vorrebbe trovare un kefir cremoso da mangiare a cucchiaio, il 39% uno più denso stile greco, e il 37% persino un gelato al kefir. I 25-34enni si distinguono per la voglia di innovazione: chiedono barrette al kefir (37%) e nuove varianti con latte di capra o pecora (27%).

Il kefir oggi rappresenta molto più che una moda: è un simbolo di cambiamento nei consumi, di attenzione alla salute, alla diversificazione delle fonti nutrizionali e al gusto. Sa parlare a chi cerca benessere, a chi vuole innovare la propria dieta e a chi segue i trend del momento. In un panorama alimentare in continua trasformazione, il kefir si conferma un alleato versatile, naturale e… sempre più amato.


Una frizzante evoluzione: Consumi, tendenze e opportunità nel mercato delle bibite gassate

Le bibite gassate analcoliche sono parte integrante delle abitudini alimentari di milioni di italiani. Non solo rappresentano una scelta rinfrescante per accompagnare i pasti, ma spesso sono anche protagoniste di momenti di svago e convivialità. Il settore ha vissuto un'evoluzione significativa nel tempo, con l'introduzione di varianti senza zucchero, versioni con o senza caffeina e nuove bevande emergenti come la kombucha. La nostra ricerca ha approfondito il panorama di consumo delle bibite gassate in Italia, esplorando quanto e come vengono consumate, quali brand dominano il mercato e come si stanno sviluppando nuove tendenze nel settore.

 

Consumo di bibite gassate: una presenza costante

L’analisi dei consumi mostra come le bibite gassate siano radicate nella dieta degli italiani. Il 20% della popolazione dichiara di berle quotidianamente o quasi, mentre il 23% le consuma con una frequenza di 3-4 volte a settimana. Per un altro 35% degli italiani, il consumo è più occasionale, limitandosi a una o due volte a settimana, mentre solo il 22% afferma di berle raramente, ovvero meno di una volta alla settimana.

 

Questi dati evidenziano un mercato in cui il consumo è mediamente frequente, con un valore medio di 3,2 volte a settimana. Questo significa che le bibite gassate non sono semplici bevande occasionali, ma rappresentano una scelta abituale per una buona parte della popolazione. La loro versatilità e la capacità di adattarsi a diversi momenti della giornata le rendono un prodotto di largo consumo.

Awareness e preference: il dominio di Coca-Cola

Quando si parla di bibite gassate, il primo brand che viene in mente alla maggior parte degli italiani è senza dubbio Coca-Cola, che domina la Top of Mind Awareness con un impressionante 67% delle citazioni. Seguono a grande distanza Fanta con il 9% e Pepsi con il 5%. Questo dimostra quanto Coca-Cola abbia saputo costruire nel tempo un'identità di marca solida, radicata nella cultura e nelle abitudini di consumo degli italiani.

Se ci spostiamo sul fronte delle preferenze, il primato di Coca-Cola si conferma con il 48% delle preferenze dichiarate dai consumatori. Anche qui, Fanta mantiene la seconda posizione con il 9%, seguita da Pepsi e Lemonsoda, entrambe al 6%, e da Schweppes al 5%. Un dato interessante riguarda brand quali Lurisia, Tassoni, Crodino e Red Bull, che pur non emergendo nella Top of Mind Awareness di questa categoria specifica, riescono a ritagliarsi uno spazio tra le scelte dei consumatori, raccogliendo ciascuno circa il 3% delle preferenze.

 

Occasioni di consumo: tra pizza, fast food e momenti di pausa

Le bibite gassate si consumano in diverse occasioni e spesso sono abbinate a momenti di convivialità. Il 55% degli italiani le beve quando mangia la pizza, confermando un binomio ormai consolidato nella tradizione gastronomica. Un altro 53% le consuma con il fast food, mentre il 50% le sceglie come bevanda rinfrescante da bere da sola.

Analizzando le diverse fasce d’età, emergono differenze interessanti. I giovani tra i 25 e i 34 anni, ad esempio, tendono a bere meno frequentemente le bibite gassate da sole rispetto alla media della popolazione (solo il 37% rispetto al 50% generale). Tuttavia, risultano più propensi a consumarle in abbinamento a un primo piatto, con un 35% di preferenze rispetto al 23% della popolazione totale. In controtendenza, invece, è il consumo delle bibite con il dessert: se a livello generale il 17% degli italiani le abbina ai dolci, tra i giovani di 18-34 anni questa abitudine scende drasticamente al 9%.

Dove si consumano e acquistano

Il consumo delle bibite gassate avviene prevalentemente in casa, con il 72% degli italiani che dichiara di berle principalmente tra le mura domestiche. Tuttavia, il 28% le consuma fuori casa, con una preferenza più marcata tra i giovani: il 41% degli under 34 dichiara di bere bibite gassate prevalentemente al di fuori dell’ambiente domestico.

Per quanto riguarda l’acquisto, il supermercato rimane il canale preferito con il 75% delle preferenze, mentre negozi alimentari, bar, caffè, ristoranti e locali si spartiscono quote minori del mercato. Questo dato suggerisce che, nonostante l’abitudine consolidata di bere bibite fuori casa, la grande distribuzione rimane il principale punto di rifornimento per i consumatori.

Tipologie di bibite gassate preferite

Il mercato delle bibite gassate è sempre più segmentato. Il 47% dei consumatori predilige le versioni sugar-free o zero calorie. Il 38% sceglie bibite con caffeina, mentre il 28% opta per le versioni light. Le varianti di gusti classici sono apprezzate dal 25% dei consumatori, mentre il 22% predilige le bibite senza caffeina.


Il 66% della popolazione ha un’opinione positiva sulle bibite senza zucchero, con un 26% che le valuta molto positivamente. Tra i giovani di 18-34 anni, l’indice di gradimento sale ulteriormente, raggiungendo il 77%.

Perché si bevono le bibite gassate?

Il motivo principale per cui le persone scelgono di bere bibite gassate è il loro gusto e la frizzantezza, che le rende piacevoli al palato e adatte a molteplici occasioni. Tuttavia, esistono differenze significative tra le diverse fasce d’età.
I giovani tra i 18 e i 24 anni sono attratti dall’aspetto sociale e dalle occasioni speciali legate al consumo di queste bevande, oltre che dalle edizioni limitate che stimolano la curiosità. La fascia 25-34 anni, invece, è più distante dalla categoria e le consuma prevalentemente per abitudine o comodità nel formato. Chi si trova tra i 35 e i 44 anni tende a considerarle più economiche e legate a un senso di nostalgia, mentre la fascia 45-54 anni le percepisce come un piccolo momento di dolcezza, spesso in sostituzione del dessert o come ingrediente nei cocktail. Infine, i consumatori tra i 55 e i 65 anni le associano a un momento di relax e freschezza, sottolineando un’abitudine di consumo consolidata nel tempo.


La Kombucha: una nicchia emergente

Ancora poco conosciuta, la kombucha ha una penetrazione limitata tra il pubblico italiano, con il 57% che non ne ha mai sentito parlare. Solo il 6% l’ha provata almeno una volta. La conoscenza generale della kombucha si attesta al 21%, ma sale al 32% tra i consumatori abituali di bibite gassate. Al contrario, tra le fasce più senior, la conoscenza della kombucha scende al 9%.


Negli Stati Uniti, invece, il mercato è in forte crescita: si prevede che passi da 1,328.67 milioni di dollari nel 2023 a 4,936.48 milioni di dollari nel 2032, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 15,70% dal 2024 al 2032.

Le bibite gassate restano protagoniste nelle scelte di consumo degli italiani, con nuove tendenze che spingono verso varianti a basso contenuto di zuccheri e alternative di gusto. Per i brand, la sfida principale è riuscire a coniugare tradizione e innovazione, mantenendo il legame con i consumatori storici e intercettando le esigenze di nuove generazioni.

La differenziazione delle linee di prodotto rappresenta una leva strategica fondamentale: dalle varianti senza zucchero alle edizioni limitate con gusti innovativi, fino alla sperimentazione con ingredienti naturali e funzionali. Inoltre, il mercato della kombucha, pur essendo ancora di nicchia in Italia, mostra segnali di crescita rilevanti a livello globale, offrendo un'opportunità per i brand che desiderano esplorare segmenti emergenti.

L'adozione di strategie di marketing mirate, che valorizzino sia gli aspetti emozionali che quelli funzionali del prodotto, potrà fare la differenza in un mercato altamente competitivo e in continua evoluzione.


È quasi Natale: Tra film, dolci e tradizioni… ecco cosa amiamo di più!

Cari lettori,

Il Natale è alle porte e, come ogni anno, ci riuniamo per condividere tradizioni, sorrisi e momenti speciali con chi amiamo di più. Quali sono i film che ci fanno sognare ogni dicembre? Quale dolce vince tra pandoro e panettone? E i regali perfetti? Abbiamo chiesto agli italiani di raccontarci le loro abitudini e preferenze natalizie e, attraverso questa piccola guida, esploriamo insieme i gusti e i rituali più amati dalle famiglie italiane. Buona lettura… e buon Natale! 🎅

 

Film preferito a Natale: tra generazioni e grandi classici

Il cinema natalizio è un rito che unisce le famiglie davanti allo schermo. Mamma ho perso l’aereo dimostra di avere un posto speciale nel cuore di tutte le generazioni: è una storia che mixa risate e calore familiare, un connubio perfetto per il Natale.

Tuttavia, vediamo come l’età influenzi le preferenze. I più giovani trovano magia in Harry Potter e leggerezza ne Il Grinch, forse perché il Natale è anche sinonimo di fantasia e divertimento. Al contrario, le generazioni più adulte riscoprono con Miracolo nella 34esima strada l’emozione dei Natali passati, dove la semplicità e la speranza erano al centro del racconto.

Il Natale sembra essere quel momento in cui il cinema diventa uno strumento per connettersi ai valori più profondi, rivivendo emozioni e nostalgia familiari attraverso lo schermo. 🎥

Team Pandoro o Panettone? L'eterna sfida

Se c’è una cosa che gli italiani amano fare, è schierarsi quando si parla di dolci natalizi. La prevalenza del pandoro tra donne (55%) e giovani (GenZ 61%, Millennials 67%) racconta una fedeltà alla burrosità e alla dolcezza di questo dolce.

D’altra parte, la scelta del panettone non tradizionale (17%) evidenzia una tendenza moderna: reinterpretare la tradizione con varianti golose e originali. Qui si intravede una volontà di sperimentare, mantenendo però le radici nelle festività italiane. I Baby Boomers (48%) e la Gen X (34%), invece, si dimostrano fedeli custodi della tradizione, scegliendo il panettone classico.

Questo dualismo racconta molto: il Natale è tradizione, sì, ma anche innovazione.

I regali di Natale: emozionare è un’arte

I regali di Natale sono un momento di gioia, ma anche un'occasione per mostrare attenzione alle passioni di chi amiamo. 🎁 Dai dati emerge una chiara suddivisione delle preferenze a seconda del destinatario:

  • Per tutta la famiglia:
    Capi d’abbigliamento e prodotti per la cura della persona si confermano regali trasversali, adatti a tutte le età e perfetti per esprimere vicinanza e cura.
  • Per papà e fratello:
    Qui vince la passione per l’innovazione: il 12% degli italiani sceglie regali legati all’elettronica, segno dell’interesse maschile verso dispositivi tecnologici pratici e all’avanguardia.
  • Per il nonno:
    Le preferenze si orientano verso regali più concreti e tradizionali come articoli per il fai-da-te (18%) e giochi da tavolo (17%), simbolo del desiderio di momenti semplici e conviviali.
  • Per lo zio simpatico:
    Anche qui spiccano i giochi da tavolo (19%), che riportano l'attenzione al divertimento condiviso, elemento centrale delle feste natalizie.
  • Per la nonna moderna:
    Le esperienze, rilassanti e non, sono in crescita e vengono apprezzate dal 14% degli italiani, segnalando un desiderio di offrire momenti di benessere e novità.
  • Per i nipoti:
    La scelta più pratica e diretta? Regalare soldi, preferito dal 21% degli italiani. Un gesto utile che mette d’accordo generazioni diverse, lasciando ai giovani la libertà di scegliere cosa desiderano davvero.

Se invece guardiamo ai regali per amici, partner e colleghi, vediamo una forte specificità:

  • Per la compagna/moglie:
    I gioielli (21%) rappresentano una scelta di valore e romanticismo, perfetta per celebrare l’affetto.
  • Per il marito/compagno:
    L’elettronica ritorna protagonista, con il 14% che opta per dispositivi pratici e tecnologici.
  • Per i colleghi di lavoro:
    I regali più apprezzati sono pensieri per la casa (30%) e libri (17%), un mix tra praticità e cultura.
  • Per il/la migliore amico/a:
    Qui emerge una grande trasversalità: si spazia da articoli personali a regali legati alla cultura, come i libri, dimostrando la varietà di questa relazione speciale.

Che tipo di Babbo Natale sei?

Il 54% degli italiani si organizza per tempo, dimostrando che la preparazione al Natale è un rituale tanto importante quanto il giorno stesso. Questo dato conferma quanto la pianificazione sia percepita come parte del piacere della festa, un momento di attesa condivisa e piena di cura.

Tuttavia, non manca chi ama l’adrenalina dell’ultimo minuto (32%). Questo comportamento, pur stressante, riflette un certo "romanticismo natalizio": la magia sta nel caos dei negozi affollati e nella corsa contro il tempo.

Infine, gli uomini grinch (11%) ci ricordano che non tutti sentono il Natale allo stesso modo. Un aspetto positivo? Lo stress natalizio sembra essere sotto controllo: più che affaticati, gli italiani si mostrano neutrali e capaci di godersi la festa. 🎅

A tavola: buone forchette, cuochi provetti e animi della festa

Il cibo è il cuore del Natale italiano, e i dati lo confermano: il 41% si definisce buona forchetta, un dato che tocca il 46% tra gli uomini. Mangiare insieme è un gesto che racconta la convivialità e l’importanza delle tradizioni gastronomiche.

Le donne (24%), invece, portano creatività e cura in cucina, mostrando come l’atto del cucinare sia un simbolo d’amore. I giovani, con il loro entusiasmo per i giochi di società (17%), rappresentano l’anima allegra delle feste, ricordandoci che il Natale è anche leggerezza e divertimento. 🍽️

 

Il Natale è servito: quale piatto domina le tavole italiane?

Quando si parla di cibo natalizio, la lasagna trionfa, diventando il simbolo per eccellenza delle tavole italiane. Un piatto che unisce e che richiama il calore familiare. Ma le differenze regionali raccontano storie diverse:

  • Nord Ovest: piatti di carne e il panettone regnano sovrani.
  • Sud e Isole: il pesce e le minestre riflettono una cucina più leggera ma ricca di significato.
  • Nord Est: il cotechino con lenticchie simboleggia l’augurio di prosperità per l’anno nuovo.
  • Centro Italia: tortellini e cappelletti in brodo sono protagonisti assoluti, un ponte tra tradizione e comfort food.

Questa diversità ci ricorda una cosa: a Natale, il cibo non è solo nutrimento, ma cultura, tradizione e legame. 🍲

 

In un’Italia divisa tra pandoro e panettone, nostalgici e innovatori, pianificatori e ritardatari, una cosa è certa: il Natale è un momento che ci accomuna tutti, unendo le generazioni attraverso film, tavole imbandite e gesti d’amore.

Che sia una lasagna appena sfornata, un regalo pensato o una maratona di film sul divano, il nostro augurio è che questo Natale sia pieno di calore, condivisione e magia.

Buon Natale e felice anno nuovo da Nextplora! 🎄


La pillola della verità: cosa raccontano gli italiani sugli integratori alimentari

Con il mese di novembre di novembre, e la transizione che segna il passaggio verso il rigido inverno, le abitudini degli italiani si concentrano sempre più sul mantenimento della salute e del benessere. Mai come oggi, il tema degli integratori alimentari si dimostra centrale, soprattutto in un contesto in cui i consumatori sono sempre più attenti alla prevenzione e al miglioramento della qualità della vita. È proprio su questo tema che abbiamo condotto una ricerca, i cui risultati offrono spunti interessanti sia per comprendere le abitudini degli italiani sia per individuare trend utili a chi opera nel marketing e nella comunicazione.

Un primo dato che colpisce è che ben l’89% delle persone tra i 18 e i 65 anni dichiara di fare uso di integratori alimentari. Questo numero straordinario non solo segnala l’importanza di questo settore, ma evidenzia anche un mercato ampio, dove la domanda è già consolidata e l'offerta è variegata e competitiva. Ma quali sono le occasioni di utilizzo, i driver di scelta e i brand preferiti? Analizziamo nel dettaglio.

Quando e perché gli italiani usano gli integratori: un mercato trainato dalla salute

Il 71% degli intervistati dichiara di utilizzare integratori per migliorare o supportare il proprio stato di salute, una motivazione che cresce tra le donne (79%) e gli over 55 (85%). Questo dato rivela un insight chiave: per i consumatori maturi, l’integratore non è solo un supporto, ma un vero e proprio alleato del benessere quotidiano. Qui emerge una grande opportunità per i brand che vogliono posizionarsi come affidabili e vicini ai bisogni di questa fascia demografica.

Interessante è il segmento degli uomini e dei giovani (18-34 anni): il 36% dei primi e il 33% dei secondi scelgono gli integratori per il benessere fisico e sportivo. Questo dato sottolinea come la comunicazione verso questi target debba adottare un linguaggio diverso, più orientato alla performance, alla vitalità e al mantenimento di uno stile di vita attivo.

Dal punto di vista della frequenza, il 45% degli italiani utilizza integratori tutto l’anno. Tra i giovani, questa percentuale sale al 59%, evidenziando una generazione che integra questi prodotti nella propria routine con grande regolarità. Al contrario, gli over 55 adottano un approccio più situazionale, utilizzandoli al bisogno, su consiglio del medico in presenza di carenze specifiche (20%).

 

Tipologie di integratori: cosa scelgono gli italiani?

I multivitaminici e multiminerali dominano il mercato: il 63% degli intervistati li sceglie, seguiti dagli integratori di sali minerali (magnesio, potassio, etc...) (53%) e dalle vitamine singole (45%). Questo dato evidenzia l’importanza di comunicare chiaramente i benefici complessivi dei multivitaminici, una categoria che sembra rappresentare la “porta d’ingresso” al mondo degli integratori.

Il 39% della popolazione preferisce fermenti lattici e probiotici, un segmento che si collega a temi come il benessere intestinale e l’equilibrio digestivo. I più giovani (18-34 anni) si orientano inoltre verso integratori naturali e fitoterapici (29%).

Un’ulteriore evidenza riguarda gli integratori proteici: scelti dal 22% degli uomini, sono oltre il doppio rispetto alle donne (10%), segnalando un chiaro orientamento al pubblico maschile e sportivo. Questo target rappresenta una nicchia in crescita, che richiede una comunicazione focalizzata su risultati tangibili, come il miglioramento della massa muscolare o il recupero post-allenamento.

Le motivazioni di acquisto: difese immunitarie, energia e molto altro

Quando si parla di “perché” acquistare integratori, due motivazioni emergono con pari importanza (35%): il rafforzamento delle difese immunitarie e il contrasto alla stanchezza fisica e all’affaticamento. Questi due bisogni si riflettono particolarmente tra gli over 55, che nel 45% dei casi scelgono integratori per migliorare il sistema immunitario.

Le donne, invece, dimostrano una sensibilità maggiore verso il benessere digestivo: il 28% dichiara di scegliere integratori per riequilibrare l’intestino. Gli uomini (28%), dal canto loro, si orientano verso prodotti che aiutano a mantenere la vitalità, mentre il 20% dei giovani li utilizza per migliorare la performance mentale e la concentrazione. Questo suggerisce che un messaggio focalizzato sull’energia mentale e sulle prestazioni cognitive potrebbe risuonare particolarmente bene tra le nuove generazioni, sempre più sotto pressione tra studio, lavoro, impegni sociali e i costanti stimoli tecnologici circostanti.

Driver di acquisto: tra fiducia e influenza digitale

Uno degli spunti più interessanti della ricerca riguarda i driver di acquisto. I giovani (18-34 anni) sono fortemente influenzati dai consigli di familiari, amici e influencer, confermando il potere crescente delle community e del social proof. Questo dato rappresenta un’opportunità strategica per campagne di influencer marketing, dove la credibilità e la vicinanza degli ambassador possono fare la differenza.

La fascia 35-44 anni, invece, pone l’accento sul prezzo, sulla varietà e sulla comunicazione pubblicitaria. Questo target sembra apprezzare i brand moderni e accattivanti, ma allo stesso tempo è sensibile al valore percepito. Qui, l’elemento chiave è bilanciare estetica e sostanza.

Gli over 45, infine, sono guidati da figure autorevoli come farmacisti e medici, oltre che dall’efficacia del prodotto e dalla fiducia nel brand. Questo indica la necessità di sviluppare una comunicazione basata sulla scienza e su argomentazioni razionali, magari integrando partnership con professionisti del settore sanitario.

Brand awareness: i nomi che dominano il mercato

Quando si parla di brand, il 62% degli intervistati associa spontaneamente gli integratori a brand multivitaminici come Multicentrum, Supradyn e Polase. Questo dimostra come la notorietà di marca sia un asset cruciale in questo mercato, dove il consumatore cerca rassicurazioni e garanzie.

Anche altri brand, pur meno noti, stanno ritagliandosi uno spazio grazie a una maggiore specializzazione. Il 26% cita altri brand generici fra cui emergono leggermente di più brand come Aboca, per esempio, che si concentra sugli integratori naturali, mentre prodotti come Enterogermina e Kijimea si posizionano come leader nel segmento probiotico. Infine, brand come Nutrilite e MyProtein attirano target specifici, dagli sportivi a chi cerca soluzioni per il controllo del peso.

La nostra ricerca mette in evidenza un panorama variegato e in evoluzione nel mondo degli integratori alimentari. Il dato impressionante che quasi 9 italiani su 10 li utilizzano suggerisce quanto queste soluzioni siano percepite come strumenti essenziali per il benessere. Tuttavia, la diversità nei comportamenti e nelle motivazioni offre spunti per sviluppare strategie mirate e differenziate.

Ad esempio, il forte legame degli over 55 con la salute immunitaria e il supporto medico sottolinea l’importanza di costruire fiducia attraverso messaggi chiari e autorevoli. Al contrario, i giovani, con la loro inclinazione verso la performance fisica e mentale, rappresentano un target più dinamico, aperto a comunicazioni innovative e digitali.

Anche i driver di acquisto rivelano dettagli importanti: se da una parte la fiducia nei brand consolidati rimane un fattore cruciale per molti consumatori, dall’altra emerge una crescente attenzione verso aspetti come sostenibilità, ingredienti naturali e nuove formule specifiche per esigenze particolari. I fermenti lattici e i probiotici, così come gli integratori naturali, stanno guadagnando terreno, indicando l’opportunità di puntare su categorie meno tradizionali ma sempre più rilevanti.

Infine, l’ampio riconoscimento spontaneo di alcuni brand leader dimostra che la notorietà resta un asset competitivo fondamentale, ma non esclude spazi per nuovi player che sappiano posizionarsi in nicchie specifiche o intercettare trend emergenti.

In conclusione, il mercato degli integratori offre numerose opportunità, ma richiede un’analisi continua delle abitudini e delle aspettative dei consumatori per restare rilevanti e competitivi. Le differenze nei driver di scelta, nei bisogni e nei comportamenti tra i diversi gruppi di età rappresentano una sfida interessante per chi vuole operare con successo in questo settore.

 

 


Podcast e pubblicità: il comportamento degli ascoltatori e le opportunità per i brand

La nostra recente ricerca proprietaria ha esplorato l’utilizzo dei podcast in Italia, con un’attenzione particolare alla percezione e al ruolo delle pubblicità integrate nei contenuti. L’obiettivo era comprendere le abitudini di ascolto dei consumatori, i generi di podcast più popolari e la loro interazione con i contenuti promozionali, fornendo così ai brand una panoramica delle opportunità strategiche per sfruttare questo canale in crescita.

 

Frequenza di ascolto: un casual habit in crescita

Nonostante la crescente popolarità dei podcast, i dati indicano che il 56% degli italiani li ascolta in modo occasionale, ogni tanto. Solo il 16% afferma di fruirne quotidianamente, mentre un 28% li ascolta frequentemente, ma non su base giornaliera. Questo suggerisce che, sebbene i podcast abbiano raggiunto un pubblico ampio, non sono ancora percepiti come un’abitudine consolidata nella routine quotidiana per la maggior parte degli ascoltatori. Ciò rappresenta un’opportunità per i content creator e i brand di stimolare un ascolto più costante attraverso contenuti più personalizzati e strategie di engagement mirate.

I generi più ascoltati: differenze generazionali e di genere

I podcast legati alla cultura risultano essere i più apprezzati in generale, con una preferenza marcata tra i Baby Boomers (43%). Seguono i podcast sulla cucina, la musica, il cinema e le serie TV, e infine le interviste. Tuttavia, il panorama cambia significativamente tra le generazioni: la Gen Z e i Millennials mostrano una forte predilezione per i podcast di cinema, serie TV e interviste (entrambi al 31%). Per quanto riguarda la cucina e la musica, queste tematiche si confermano di interesse trasversale tra tutte le generazioni.

Interessante è anche la marcata distinzione di genere in alcuni casi: le donne mostrano una forte preferenza per i podcast di cucina (40% contro il 21% degli uomini), mentre lo sport è largamente seguito dagli uomini (29% contro il 4% delle donne). Questi dati possono orientare i brand a selezionare il genere di podcast in cui inserire le proprie campagne pubblicitarie, assicurandosi di raggiungere i segmenti di pubblico più pertinenti.

 

 

Occasioni di fruizione: come e quando si ascoltano i podcast

L’ascolto dei podcast avviene in contesti e momenti molto diversi, a seconda dell’età degli ascoltatori. I Baby Boomers preferiscono ascoltarli in casa, quando non sono impegnati in attività specifiche (52%). D’altro canto, i giovani della Gen Z e i Millennials utilizzano i podcast principalmente come un mezzo per staccare dalla routine quotidiana (30%) o come sottofondo per rilassarsi prima di dormire (25%). Inoltre, l'ascolto durante le pulizie domestiche è emerso come un momento particolarmente comune, così come l’ascolto in movimento, fuori casa.

 

Piattaforme preferite e contenuti promozionali: dove e come pubblicizzare

In termini di piattaforme, Spotify domina il mercato dei podcast in Italia, con il 60% degli ascoltatori che la utilizza come piattaforma principale. Seguono Audible (25%) e piattaforme audiovisive come YouTube e Twitch (24%). Altri servizi locali come RaiPlay Sound (20%) e Google Podcasts (18%) hanno percentuali più basse, ma continuano a rappresentare opzioni rilevanti per specifici segmenti di pubblico.

Per quanto riguarda i contenuti promozionali, la preferenza degli ascoltatori è chiara: il 69% preferisce annunci pubblicitari classici, inseriti prima, durante o dopo il podcast. Solo il 31% preferisce che il podcaster promuova direttamente il prodotto o servizio. Questo dato è particolarmente significativo per i brand che intendono investire in pubblicità all’interno dei podcast, poiché indica che una comunicazione promozionale tradizionale risulta essere più efficace, soprattutto perché non skippable, ma al tempo stesso viene percepita come meno invasiva per gli ascoltatori in quanto non interrompe o distoglie l'attenzione dal focus del contenuto.

 

 

I podcast spingono all'azione?

Un aspetto cruciale della nostra indagine ha riguardato la capacità delle pubblicità nei podcast di indurre azioni concrete da parte degli ascoltatori. Il 55% degli uomini e il 50% delle donne hanno dichiarato di aver cercato informazioni su un prodotto o servizio pubblicizzato in un podcast. Tuttavia, le donne sembrano essere più resistenti a farsi persuadere: il 40% ha affermato di non aver cercato informazioni dopo l’ascolto, rispetto al 30% degli uomini.

Analogamente, alla domanda se avessero mai acquistato un prodotto o servizio pubblicizzato durante un podcast, le donne si sono dimostrate meno propense all'acquisto (56% risponde di no contro il 41% degli uomini). Questo evidenzia che, pur suscitando interesse, la conversione da ascolto a acquisto rimane una sfida per i brand, specialmente tra il pubblico femminile.

 

Come possono i brand sfruttare i podcast come mezzo pubblicitario?

I dati della nostra ricerca offrono spunti preziosi per i brand interessati a utilizzare i podcast come strumento di marketing. In un panorama in cui la frequenza di ascolto è ancora piuttosto casual, i brand possono incrementare il loro impatto investendo in campagne che stimolino una maggiore costanza di ascolto e creando contenuti che rispecchino gli interessi specifici delle diverse fasce demografiche.

Le preferenze emerse rispetto ai contenuti pubblicitari suggeriscono che un approccio tradizionale, con annunci mirati e ben posizionati all'interno dei podcast, può risultare più efficace rispetto a una promozione integrata da parte dei podcaster stessi. Tuttavia, le differenze tra generi e generazioni richiedono una segmentazione attenta per massimizzare la rilevanza del messaggio pubblicitario e la probabilità di conversione.

In conclusione, i podcast rappresentano un’opportunità crescente per i brand, ma richiedono una pianificazione strategica basata su una profonda comprensione del comportamento degli ascoltatori. Utilizzando i dati qui presentati, i brand possono creare campagne più mirate e ottenere risultati concreti in termini di engagement e conversioni.

 


Il consumo di pasta in Italia: Un viaggio nel cuore della tradizione

La pasta è molto più che semplice cibo in Italia; è una tradizione radicata nella cultura e nelle abitudini quotidiane degli italiani. Ma quanto si è evoluto il consumo di questo piatto iconico nel contesto moderno? La nostra recente ricerca di mercato fornisce un’analisi approfondita su chi consuma pasta in Italia, con quali modalità, quando e soprattutto perché questo alimento occupa un posto così speciale nella vita degli italiani. Dalle consuetudini tramandate nel tempo alle nuove tendenze, ecco cosa abbiamo scoperto.

 

Frequenza e occasioni di consumo

È risaputo che la pasta occupa un posto d'onore nella dieta italiana, ma quanto spesso gli italiani la mangiano? Secondo il nostro studio, il 54% degli italiani mangia pasta ogni giorno, a dimostrazione che per la maggior parte di loro è un alimento essenziale. Un altro 31% la consuma frequentemente, da 3 a 4 volte a settimana, mentre il 15% se la concede un po' meno, 1-2 volte a settimana. Questo attaccamento alla pasta dimostra che, in un mondo che va sempre più verso il fast food e le cucine internazionali, l'amore per la pasta rimane saldamente radicato nella cultura italiana.

Le differenze regionali raccontano una storia ancor più interessante. Nel Sud Italia, ben il 68% delle persone mangia pasta ogni giorno. Al contrario, solo il 43% degli abitanti del Nord Ovest consuma pasta quotidianamente, segno di uno stile di vita diverso, di piatti tipici e, perché no, dell'influenza di cucine europee vicine.

E quando gli italiani si concedono il piacere di un piatto di spaghetti al pomodoro? Il pranzo è il momento preferito, con l'80% degli italiani che opta per la pasta come pasto di metà giornata. La cena si ferma al 19%, mentre un curioso 1% ammette di gustarla come spuntino di mezzanotte. Per quei temerari, possiamo solo immaginare che si tratti di una celebrazione improvvisata o di una battaglia contro l'insonnia.

Forme di pasta preferite e meno preferite

Il dibattito su quale forma di pasta sia la migliore è sempre acceso tra gli italiani. Spaghetti e Penne rigate si contendono il primato, entrambe con il 40% delle preferenze. Tuttavia, gli Spaghetti si aggiudicano il titolo di scelta preferita, probabilmente grazie alla loro versatilità e ai ricordi d’infanzia legati a piatti della tradizione. Al terzo posto troviamo i Fusilli, con il 34%, che conquistano grazie alla loro forma giocosa.

Dall’altro lato della classifica ci sono le forme meno amate. Le Penne lisce, con l'11%, sono le meno apprezzate. Chi le prova spesso nota che la loro superficie liscia non riesce ad abbracciare la salsa con la stessa efficacia delle controparti rigate. Anche Sedanini e Fisarmoniche non riscuotono grande successo, chiudendo a 9%.

Brand più noti (Top of Mind spontanea)

Quando si parla di brand, Barilla è il re indiscusso, con il 48% degli italiani che lo menziona spontaneamente. Non sorprende, considerando che la scatola blu di Barilla è diventata un simbolo di qualità e tradizione. Rummo e De Cecco seguono con il 15% e il 10% delle menzioni, mantenendo il loro posto sul podio.

Domanda: Pensando alla pasta secca, qual è la prima marca che ti viene in mente?

Tipo di pasta acquistata in base all'approccio sul cibo

Le preferenze alimentari dicono molto sui consumatori italiani. Chi è attento alla salute e alla linea tende a scegliere pasta integrale o a base di legumi. Queste opzioni non solo soddisfano le tendenze moderne, ma mantengono anche viva la tradizione di una dieta sana. Gli italiani sensibili alla sostenibilità si orientano verso la pasta integrale, riflettendo i loro valori ecologici.

I più sperimentali invece, sono più inclini a provare la pasta all'uovo o le varietà senza glutine.

E per coloro che vivono il cibo solo come sapore e piacere, la pasta di semola di grano duro è la regina indiscussa. L'idea di sostituirla con una variante a base di legumi? No, grazie! Al contrario, gli appassionati di cucina gourmet abbracciano la pasta di legumi come un'opzione raffinata, mentre i cuochi per passione tendono a scegliere la pasta tradizionale, dimostrando un certo scetticismo verso le versioni integrali o senza glutine.

Cambiamenti nel comportamento

I comportamenti d'acquisto legati alla pasta hanno mostrato cambiamenti negli ultimi due anni. Tuttavia, la fedeltà ai brand resta un valore importante: il 69% degli italiani continua a preferire prodotti di marca. Solo il 7% acquista esclusivamente o principalmente private label, mentre il 24% si trova a metà strada, optando sia per brand rinomati che per private label. Questo equilibrio rivela una crescente consapevolezza dei consumatori: il valore conta, ma i brand storici hanno ancora un posto speciale nel cuore degli italiani.

La pasta fatta in casa è un'altra tradizione che resiste, sebbene riservata a occasioni speciali. Solo il 12% degli italiani prepara pasta fresca con regolarità, ma nel Sud questo numero sale al 17%. Un sano 37% si dedica alla preparazione della pasta di tanto in tanto, magari per un fine settimana in famiglia o per rivivere ricordi nostalgici.

Driver di acquisto

I driver dietro la scelta di un pacco di pasta piuttosto che un altro variano tanto quanto le forme stesse. Gli italiani attenti alla salute pongono grande importanza sulla sostenibilità della produzione e sul packaging, mentre spesso trascurano il prezzo. Chi cerca il puro piacere del cibo, invece, dà priorità a prezzo, promozioni e forma della pasta, considerando secondari i valori nutrizionali.

Per coloro che cucinano solo per necessità, il prezzo è un aspetto cruciale, mentre certificazioni come il Gragnano IGP—ricercate da chi ama cucinare—possono essere il motivo decisivo per un acquisto. È chiaro che, indipendentemente dalle motivazioni, la pasta rappresenta più di un semplice pasto; è un simbolo di conforto, qualità e attenzione.

La pasta continua a essere un pilastro della vita italiana, rimanendo solida nel contesto di cambiamenti e nuove abitudini dei consumatori. Le diverse preferenze, le varianti regionali e la fedeltà ai brand dimostrano che, mentre le tendenze possono cambiare, il legame degli italiani con la pasta è ancora molto forte. Dalle tradizioni quotidiane alle scelte gourmet, la pasta è più di un semplice alimento: è una storia d'amore duratura che unisce gli italiani attraverso generazioni e territori.

Vuoi scoprire di più?


Il futuro dell’hamburger in Italia: Insight sul mercato dei sostituti vegetali della carne

In occasione dell'Hamburger Day, abbiamo condotto una ricerca focalizzata sui sostituti della carne, con particolare attenzione agli hamburger di origine vegetale. Il nostro studio mirava a comprendere le abitudini di consumo e le preferenze degli italiani in relazione a questi prodotti. Abbiamo coinvolto un campione diversificato di intervistati, includendo onnivori, vegetariani, vegani, pescetariani e flexitariani, per ottenere una prospettiva completa e rappresentativa delle quote della popolazione italiana. 

 

Tipologia di Hamburger Acquistati e Frequenza di Consumo di Carne 

Dalla nostra ricerca emerge che gli italiani dichiarano di consumare carne di origine animale mediamente 1.8 volte a settimana. La fascia d'età 18-34 anni è quella che dichiara di mangiare carne più frequentemente, con il 17% che la consuma 4-5 volte a settimana. Al contrario, gli over 55 mostrano una tendenza a consumare carne meno frequentemente: il 41% di loro mangia carne solo una volta alla settimana, mentre il 52% la consuma 2-3 volte alla settimana.  

Quando si tratta di hamburger, le preferenze variano significativamente tra i diversi gruppi demografici. Le donne e i giovani sono i target più aperti ai sostituti vegetali degli hamburger. Il 43% delle donne preferisce hamburger vegetali a base di legumi o verdure, mentre il 32% dei giovani tra i 18 e i 34 anni opta per hamburger vegetali che imitano il sapore e la consistenza della carne. Gli over 55 sono il gruppo meno propenso ad acquistare hamburger vegetali, con solo il 17% che sceglie alternative che ricordano quelli di origine animale. Complessivamente, gli italiani preferiscono ancora gli hamburger di origine animale, ma i giovani mostrano una crescente apertura verso le alternative vegetali, specialmente quelle che replicano sapore e consistenza della carne. 

 

Consumo di Carne degli Italiani nell'Ultimo Anno 

Il consumo di carne in Italia è diminuito nell'ultimo anno, un trend trainato principalmente dalla popolazione adulta. In particolare, la fascia d'età 55-65 anni mostra una significativa riduzione del consumo di carne. Geograficamente, questa diminuzione è più marcata nel Nord Italia. Questo cambiamento può essere attribuito a una maggiore consapevolezza sui temi legati alla salute, al benessere animale e alla sostenibilità ambientale, che stanno influenzando le scelte alimentari degli italiani. 

Comportamento d'Acquisto e Consumo tra Chi Non Consuma Carne 

Tra i non consumatori di carne, il 79% acquista abitualmente prodotti vegetali a base di legumi e verdure, il 51% opta per prodotti come tofu, seitan o tempeh, e il 50% apprezza prodotti vegetali che ricordano il sapore e la consistenza della carne. In media, questi consumatori sostitutivi della carne dichiarano di mangiare prodotti vegetali 1.9 volte alla settimana. Tuttavia, solo il 64% ritiene sufficiente l'offerta di prodotti vegetali nei supermercati, mentre quando si tratta di mangiare fuori, solo il 51% è soddisfatto dell'offerta di hamburger vegani, con il 23% che si dichiara insoddisfatto. Mentre la disponibilità di prodotti sostitutivi della carne è in aumento nel punti vendita, molte parti d'Italia non sono ancora preparate per soddisfare la domanda, da parte di coloro che non consumano carne, di opzioni di hamburger a base vegetale.

Motivazioni per il Non Consumo di Carne 

Le principali motivazioni per il non consumo di carne sono legate alla salute personale (30%), al benessere animale (40%) e all'impatto ambientale (75%). Altri fattori, come il gusto, problemi fisici e ragioni spirituali, hanno un'importanza e priorità minore.  

Driver di Scelta degli Hamburger di Origine Vegetale 

I non consumatori di carne citano in media tre motivazioni per l'acquisto di hamburger vegetali, mentre gli onnivori ne citano solo una. I principali driver per i non consumatori sono la qualità, la competenza della marca, l'attenzione agli ingredienti e la sostenibilità. Per i consumatori di carne che acquistano anche prodotti vegetali, il sapore e la consistenza simili alla carne sono fondamentali. Entrambi i gruppi apprezzano il gusto e i valori nutrizionali, ma i non consumatori di carne mostrano una maggiore attenzione verso la qualità e la sostenibilità. 

Disponibilità a Provare la Carne Biodinamica 

Alla domanda se in futuro sarebbero disposti a mangiare carne biodinamica (prodotta in laboratorio come replica biologica esatta della carne animale), il 52% dei giovani tra i 18 e i 34 anni si è dichiarato favorevole, mentre il 59% degli over 55 ha espresso riluttanza. Questo indica una maggiore apertura verso l'innovazione alimentare tra i giovani, mentre i più anziani restano in media più legati alle tradizioni alimentari. 

 

Questa panoramica sul mercato dei sostituti della carne in Italia offre uno spaccato interessante sulle tendenze di consumo, le preferenze e le motivazioni dietro le scelte alimentari dei diversi segmenti della popolazione. Con l'aumento dell'attenzione verso la sostenibilità e il benessere, gli hamburger vegetali stanno guadagnando terreno, specialmente tra i giovani e le donne. La diminuzione del consumo di carne e l'apertura verso alternative innovative come la carne biodinamica suggeriscono un cambiamento significativo nelle abitudini alimentari degli italiani, spinto da una crescente consapevolezza e attenzione verso temi etici e ambientali. 


Alla ricerca del rimedio perfetto per combattere i sintomi dell’influenza stagionale

Con l'avvicinarsi della stagione dell'influenza, marzo e aprile diventano mesi cruciali per discutere delle preferenze e dei driver di scelta nell'acquisto di farmaci influenzali. Mentre l'influenza può colpire in qualsiasi momento dell'anno, è durante questi mesi che assistiamo spesso a picchi significativi nell'incidenza della malattia. Pertanto, comprendere i fattori che guidano le decisioni di acquisto dei consumatori in questo settore è di vitale importanza. 

 

Percezione dei Sintomi e della Durata dell'Influenza 

Contrariamente al simpatico stereotipo, resosi virale sui social, che suggerisce che gli uomini tendono a lamentarsi di più dei sintomi influenzali, la nostra ricerca suggerisce che uomini e donne dichiarano una percezione simile del grado dei sintomi influenzali. 

 

Inoltre, riguardo alla durata della malattia, c'è un'osservazione interessante da considerare. Mentre uomini e donne possono percepire in modo simile il grado dei sintomi, la fascia 55-65 anni tende a percepire una durata più lunga dell'influenza, con sintomi che persistono per più di una settimana. Questo potrebbe essere dovuto a una serie di fattori, tra cui una maggiore fragilità o predisposizione a complicazioni nelle fasce più adulte. 

D'altra parte, i giovani fra i 18-34 anni tendono a percepire i sintomi come più brevi, con una durata di 2 giorni o meno. Questa percezione potrebbe essere influenzata da una migliore resilienza. È importante notare che questa percezione potrebbe anche essere influenzata dalla voglia dei giovani di tornare rapidamente alla routine quotidiana e alla vita attiva che l’influenza stagionale mette in pausa. 

 

I principali driver di scelta dei farmaci per l’influenza stagionale 

La ricerca ha identificato diversi fattori chiave che influenzano le decisioni di acquisto di farmaci influenzali. Al primo posto, con il 41% troviamo l'efficacia del farmaco. Questo non sorprende, considerando che l'obiettivo principale nel trattamento dell'influenza è alleviare i sintomi il più rapidamente possibile. Tuttavia, è interessante notare che il consiglio del medico si posizioni al secondo posto, con il 37%. Questo sottolinea l'importanza del ruolo del professionista sanitario nella guida delle scelte terapeutiche dei pazienti. 

I driver di scelta per fascia d’età 

L'analisi dei driver di scelta in base alla fascia d'età rivela interessanti tendenze. I giovani tra i 18 e i 44 anni tendono a privilegiare il prezzo nella loro scelta, soprattutto nella fascia 18-34. Questo potrebbe essere attribuito alla maggiore sensibilità economica di questa fascia di età o alla relativa indifferenza su che brand acquistare per venire incontro alle proprie necessità. Al contrario, per i 45-65 anni, l'efficacia del farmaco è prioritaria, riflettendo forse una maggiore consapevolezza dei rischi associati all'influenza in questa fascia di età. 

 

I cambiamenti nei driver di scelta dalla pandemia ad oggi 

L'analisi mostra come i driver di scelta siano cambiati dalla pandemia ad oggi. L'aumento maggiore è stato registrato nel consiglio del medico (42%), seguito dall'efficacia del farmaco (41%) e dal prezzo (38%). Questo suggerisce un maggiore affidamento sui professionisti sanitari e una crescente attenzione all'efficacia del trattamento. L'emergere di nuove varianti influenzali e l'esperienza della pandemia potrebbero aver influenzato questa tendenza, portando i consumatori a cercare maggiore guida da parte degli esperti. 

La conoscenza dei principi attivi nei farmaci influenzali 

Infine, la ricerca ha esaminato la conoscenza dei principi attivi nei farmaci influenzali. Il paracetamolo si posiziona al primo posto con il 79% di riconoscimento nel campione totale, seguito dall'ibuprofene al 74%. È interessante notare che, nonostante il paracetamolo sia ampiamente conosciuto, ci sono differenze di genere nella conoscenza, con le donne che riconoscono l'ibuprofene più degli uomini. Questo potrebbe riflettere differenze nei pattern di consumo (la presenza di ibuprofene in prodotti utilizzati in modo sistematico dalla popolazione femminile). 


La nostra analisi suggerisce che concentrarsi sull'efficacia del prodotto e sulla consulenza medica può essere fondamentale per le strategie di marketing di successo. Le tendenze emergenti, come il crescente interesse per il prezzo e il ruolo in evoluzione del consiglio medico, indicano che gli esperti del settore dovrebbero adattare le loro strategie per rimanere allineati alle esigenze mutevoli dei consumatori. 

 

È cruciale tenere conto delle differenze demografiche nei comportamenti dei consumatori, poiché ciò può influenzare l'efficacia delle campagne promozionali. Inoltre, la comprensione dell'impatto della pandemia sulle decisioni di acquisto dei consumatori può informare ulteriori adattamenti strategici. 


Uova di Pasqua 2024: Certezze e cambiamenti nei driver di scelta dei consumatori Italiani

Nel mese di marzo la ricerca condotta da Nextplora è stata volta ad approfondire ed esplorare le preferenze degli italiani riguardo alle uova di Pasqua, nonché i fattori che influenzano le loro scelte d'acquisto. Confrontando i risultati di quest'anno con quelli dell'anno precedente, possiamo delineare tendenze significative che ci offrono preziose informazioni sulle preferenze dei consumatori. 

 

I driver di scelta nella Pasqua 2024 

I risultati hanno rivelato che il gusto del cioccolato rimane un pilastro fondamentale, con il 53% dei partecipanti che indica la preferenza per questo attributo. Al secondo posto troviamo l’intensità del cioccolato con un 38%. Tuttavia, emergono anche altre tendenze interessanti. Ad esempio, il desiderio di provare gusti nuovi ed originali ha registrato un aumento del 7% rispetto all'anno precedente, suggerendo una crescente apertura verso l'innovazione. Allo stesso tempo, notiamo una diminuzione nell'importanza di driver come la necessità che l'uovo piaccia a tutta la famiglia (-12%), la preferenza per marche 100% italiane (-11%) e la sostenibilità della marca (-7%). 


I driver di scelta sulla segmentazione di approccio all'alimentazione 

Anche all'interno dei diversi segmenti di approccio all'alimentazione, abbiamo osservato variazioni significative:

Gli Appassionati di Cucina 

Per gli appassionati di cucina, la ricerca evidenzia un'audace ricerca di sapori unici e innovativi, con una crescente preferenza per le combinazioni di gusti nuovi ed originali. Tuttavia, osserviamo una sottile trasformazione nei driver, con un indice di concentrazione dell'italianità della marca leggermente in calo rispetto all'anno precedente. Sebbene rimanga un driver significativo, gli appassionati di cucina potrebbero essere più aperti a esplorare l’offerta di player internazionali o multinazionali estere. 

 

I Disinteressati 

Per i disinteressati, la ricerca rivela ancora meno importanza all’italianità della marca. Tuttavia, è interessante notare l'indice di concentrazione di 131 su pubblicità accattivanti, il quale suggerisce che, nonostante il disinteresse generale, una strategia di marketing efficace potrebbe essere la chiave per catturare la loro attenzione. 

 

Gli Attenti alla Linea 

Tra gli attenti alla linea, emergono segnali di una crescente rilevanza data alla selezione delle materie prime, con un indice di concentrazione del 138. Tuttavia, mentre l'indice di concentrazione dell'italianità della marca rimane un driver importante, notiamo una leggera flessione rispetto all'anno precedente. Questo potrebbe riflettere una crescente attenzione verso la qualità degli ingredienti e una maggiore apertura verso marche non necessariamente italiane, purché rispettino gli standard desiderati. 

 

I Golosi 

I golosi mostrano un’attenzione in crescita per le combinazioni di gusti nuovi ed originali rispetto al 2023; rimane saldo il loro interesse per la convenienza e la golosità del cioccolato. Sebbene i golosi possano sembrare dichiaratamente meno influenzati dalle pubblicità accattivanti rispetto ad altri segmenti di consumatori, è importante sottolineare che le pubblicità svolgono un ruolo cruciale nel mantenere una marca top of mind per i consumatori. In un mercato affollato da numerosi competitor, le campagne pubblicitarie contribuiscono a mantenere la visibilità del brand e a rafforzare l'associazione tra esso e i valori desiderati dai consumatori.  

 

I Fedeli alla Marca 

I fedeli alla marca attribuiscono grande importanza alla selezione delle materie prime e al packaging. Tuttavia, notiamo una leggera erosione dell'attenzione sulla sostenibilità. 

 

I sostenibili

Infine, i consumatori orientati alla sostenibilità mostrano una fedeltà alla causa, con un indice di concentrazione di 121 e 111 rispettivamente sulla selezione delle materie prime e sulla sostenibilità della marca. Tuttavia, entrambi i fattori mostrano un calo rispetto all'anno precedente, suggerendo che, nonostante rimangano driver chiave per questo segmento, qualcosa sta cambiando anche per loro. Il calo, anche se ridotto, dell'importanza attribuita alla sostenibilità della marca nella spinta all’acquisto potrebbe riflettere le sfide economiche affrontate dai consumatori durante la crisi attuale. In un periodo in cui la stabilità finanziaria è diventata una priorità, potrebbe verificarsi una riduzione della disponibilità dei consumatori a pagare un premio per prodotti considerati più sostenibili. Pertanto, l'attenzione potrebbe spostarsi su altri attributi, come il prezzo o la qualità del prodotto, a discapito della sostenibilità. 

 

 

In sintesi, la ricerca rivela diverse tendenze interessanti. Ad esempio, sia gli appassionati di cucina che i golosi sembrano essere alla ricerca di esperienze innovative e gustose, mentre l'importanza della marca italiana e della selezione delle materie prime sembra diminuire globalmente rispetto al 2023 in questa categoria. Inoltre, la sostenibilità emerge come un driver meno rilevante quest'anno, anche tra i consumatori che solitamente prestano maggiore attenzione a questo aspetto.  

La segmentazione basata sull'approccio all'alimentazione offre uno sguardo intrigante sulle dinamiche di consumo delle uova di Pasqua. Mentre emerge una crescente apertura verso l'innovazione e la diversità dei sapori, vediamo anche un'evoluzione nei fattori che guidano le scelte d'acquisto. Questi dati ci suggeriscono che l'industria delle uova di Pasqua dovrà rimanere agile e attenta alle mutevoli preferenze dei consumatori per rimanere rilevante e competitiva. 


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